Condividere le emozioni con le persone anziane disorientate
Accettare e accogliere, senza cercare di cambiarle
Chiedere a qualcuno di cambiare un comportamento, che riteniamo non adeguato, ha un senso se ci sono le competenze cognitive per farlo. Negli anziani disorientati spesso non è così. Certo, accettare certi atteggiamenti non è semplice. Però stare con la persona almeno sul piano emozionale è possibile. Perché le emozioni che vive sono autentiche.

di Cinzia Siviero – Esperta Metodo Validation®
Quando ci soffermiamo sul concetto di accettazione dell’anziano disorientato, ci rendiamo subito conto che se da un lato questo ci conquista, perché sentiamo che si tratta di un atteggiamento rispettoso, dall’altro sappiamo perfettamente che non è per nulla semplice da agire nella concretezza del quotidiano.
L’anziano, se compromesso nella cognitività, non ha le competenze per modificare il proprio modo di vivere gli eventi. Quando il nostro obiettivo è creare una relazione con lui, dovremmo accettarlo, così come è, qualsiasi sia il luogo in cui la sua mente si trovi, qualsiasi sia il tempo in cui sia immersa, senza pretendere cambiamenti e sforzi. Il comportamento dell’anziano affetto da demenza però è strano, diverso da ciò che siamo abituati a vedere, a volte veramente difficile da tollerare. Può essere disperato perché deve andare a casa – peraltro essendo nella sua casa – può essere estremamente arrabbiato perché non si sente libero, può essere chiuso, silenzioso perché le cose non funzionano più come un tempo o perché nessuno lo capisce. Accogliere questi stati emozionali, accettarli, non è sempre possibile per noi, questo va detto. Possiamo sentire profondamente giusto e rispettoso il concetto in sé dell’accoglienza empatica, ma poi non possiamo quasi fare a meno di correggere, rimproverare, pur con modi molto gentili, sostituirci e così via.
E pensare che stare con lui, almeno sul piano emozionale, è possibile, perché le emozioni che egli vive sono autentiche, vere e tra l’altro urgenti. Possiamo sentirle, percepirle, essere partecipi e costruire così la difficile strada della relazione. È un lavoro, un cammino lungo, qualcuno magari ci deve aiutare, ci si deve dedicare, felici per i successi se arrivano ma consapevoli e validanti anche con noi stessi: non sempre possiamo farcela.
Mi ha molto colpito a questo proposito una frase di una persona che ho avuto il piacere di conoscere in un corso sull’apprendimento delle tecniche validanti, che parlava di una vera sua conquista, di un qualcosa di molto positivo e buono che gli stava accadendo, che lo stava cambiando. Diceva:
“Mi sono preparato a quei 10 minuti di accoglienza trovando un attimo per centrarmi e concentrarmi, facendo un bel respiro profondo e pensando non tanto alla buona riuscita, ma ad accogliere con tutto me stesso le emozioni della signora”.
Quando riusciamo a mettere da parte proprio tutto, anche le nostre aspettative, creiamo quello spazio dove poi andranno le emozioni dell’altro e grazie a questa azione saremo aperti. Aperti e accettanti. Non è così importante cosa accadrà, se riusciremo a calmare o a rassicurare (ce lo auguriamo certamente) ma è il come stiamo con l’altro che fa la differenza.